Premetto che è il primo film che mi ha lasciato senza commenti alla fine della proiezione e all’uscita dalla sala. Ho dovuto rifletterci e rimuginare del tempo per capire il significato intrinseco che il regista vuole trasmettere. Il film è molto bello, intendiamoci, ma l’ho trovato completamente fuori dagli schemi tipici del cinema. E questo mi piace.
Il film ha il sapore di altri tempi, non solo per l’ambientazione e le tematiche trattate, ma anche per il modo in cui viene raccontata la storia. Lo stile del regista, infatti, è molto particolare: inquadrature statiche, movimenti di telecamera molto lenti, lunghi piani sequenza che si soffermano su particolari secondari. Anche nei momenti di maggiore ritmo, come l’esplosione del pozzo di petrolio, la telecamera rimane indifferente e segue soltanto un particolare.
Ci pensano le musiche a farti capire cosa provare: archi striduli che preannunciano un cambiamento esplosivo, meccanica e cadenzata che ricorda il movimento delle macchine di pompaggio del petrolio, musica frenetica nei momenti di maggiore riflessione (che spesso mi ha ricordato la colonna sonora di Tempi Moderni di Charlie Chaplin) a tutto questo si contrappongono strani silenzi. Il film parte, infatti, da un’assenza totale di dialoghi, per crescere e sfociare, nelle ultime scene, nelle grida e dialoghi più deliranti.
Il tutto sembra un antico quadro che raffigura la nascita del capitalismo e dei suoi primi ingranaggi oliati dal petrolio che spesso si mischia con il sangue di chi ha creduto nel protagonista. Questo spiega il titolo originale inglese There Will Be Blood, sfumatura che viene persa nel solito titolo riduttivo e acchiappa-allodole italiano.
Il protagonista, un eccezionale Daniel Day-Lewis (meritatissimo il Golden Globe e non mi meraviglierei se prendesse anche l’oscar) è grezzo, schizzato, bugiardo, ingannatore, calcolatore, cinico e ruvido ma allo stesso tempo affascinante per le persone semplici sue vittime, abile nell’oratoria. Riesce a trasmettere le sue emozioni anche restando immobile, le sue rughe, i suoi baffi, i suoi occhi vitrei parlano più della sua bocca. Respinge tutti, allontana tutti dal suo cuore, guarda le persone e "non vi trova nulla di attraente"! un uomo solo che prova amore solo per il petrolio! La sete di ricchezza lo ha trasformato in un mostro capitalista! Rimane indifferente anche all’incidente del piccolo figlio, che rimane sordo, per contemplare il petrolio che schizza fuori dalla terra. Diabolico! Il protagonista è affiancato da un eccellente e sorprendente Paul Dano, che già avevo adorato in Little Miss Sunshine e Fast Food Nation, e da un bambino Dillon Freasier, che è riuscito a strapparmi qualche lacrima (di solito non sopporto i bambini nei film).
Le donne nel film non hanno spazio, sono schiacciate e, quando presenti, sempre in secondo piano, proprio come nella vita del petroliere. Tutti i personaggi sono studiati ed analizzati in modo approfondito, ma riservano sempre una sorta di imprevedibilità e inquietudine, poiché spesso compiono dei gesti che mi hanno fatto chiedere “ma perché?”. Ma in realtà non ho sentito il bisogno di risposte, mi è bastato un loro sguardo per capire il loro turbamento, la loro tensione.
Tutto il film smanioso, a momenti sembra si diriga in una direzione, poi invece improvvisamente cambia e si sprofonda in qualcos’altro. Una sorta di anarchia latente, porta ad un senso di imprevedibilità che tiene svegli e incollati allo schermo nonostante le 2 ore e mezza abbondanti di durata.
Ci sarebbe molto da dire sulla scena finale, ma non voglio dare spoiler per chiunque vorrà andarlo a vedere. Vi consiglio pertanto di vederlo, se siete stufi di Parlami d’Amore e Scusa se ti chiamo Amore e le classiche commedie all’italiana banali e prevedibili. Se invece adorate questo genere di film allora state bel lontano da Il Petroliere.
Grazie Rob!
F.
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